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Ogni giorno alle 17, un temporale. #Kalongodays

Sullo sfondo il monte Oret detto anche “The Rock”

E se fino a ieri si poteva contare sulla stabilità della connessione wifi dell’ufficio di Cesvi, oggi i tuoni e i fulmini hanno avuto la meglio e nel bel mezzo del workshop sul tema “caricare e scaricare files da Dropbox”, la linea è saltata!

Poco male, ci siamo consolati guardando le foto che abbiamo scattato stamattina durante la passeggiata in “città”, attraverso strade e sentieri che ho visto per la prima volta alla luce del sole.

Appunti sparsi:

Kalongo 

Per quello che ho visto fino a oggi, Kalongo è un insieme di agglomerati di capanne ai piedi di una grande e magnifica roccia che si chiama Oret. C’è una strada principale, attorno alla quale si sviluppa il commercio, ovvero, negozi, locali notturni e, da pochi mesi, una banca. La strada arriva diretta alla missione dei comboniani e al compund di molte ong, tra le quali Cesvi. Attorno, quella che può sembrare la classica cartolina del villaggio africano:  capanne e cortili familiari molto ordinati e ben organizzati dove oggi ho visto  donne preparare il liquore locale con il sorgo fermentato; caprette, vacche e maiali pascolare liberi nei campi verdissimi; uomini e donne radunati, separatamente, all’ombra di grandi alberi (non palme, mi hanno spiegato, ma della famiglia delle palme)  e, infine, una panetteria artigianale in piena produzione che andremo a raccontare con un bel reportage multimediale insieme ai ragazzi.

Il workshop

Nella giornata di ieri siamo entrati nel vivo del workshop: al mattino un’introduzione sul web 2.0, al pomeriggio, considerato che alcuni di loro non avevano mai inviato un’ email, fatto chiamate via Skype o scritto un testo su Word,  ci siamo messi di fronte ai computer per toccare con mano gli strumenti di cui avevo accennato in mattinata. Primo comandamento del citizen reporter: non avrai altra email che Gmail. Ora tutti i ragazzi hanno il loro account Google, con applicazioni connesse, e non hanno paura di usarlo. Al termine della giornata gli studenti mi hanno mandato i loro commenti attraverso il Google Group appena creato:  “ottimo training, ma quando lo apriamo un account su Facebook?”.  Tutto il mondo (dei teenagers) è paese.

Kony

“No joking. No laughing.” Possiamo anche scherzare sulla campagna Kony 2012, ma non sulla guerra che fino a 6 anni fa si svolgeva di fronte all’ufficio da dove sto scrivendo. “Non si rideva durante la guerra, questo è certo”, mi racconta uno dei ragazzi. “Di notte le donne e i bambini venivano ospitati qui all’interno della missione, nel compound di Avsi, gli uomini invece si rifugiavano verso le montagne”. I ribelli arrivavano a Kalongo e poi o iniziavano ad uccidere, oppure cercavano nuove reclute – giovani per arruolarli come soldati, adulti come schiavi per trasportare merci pesanti – e non c’era scampo per nessuno.

Questa guerra è stata raccontata molto bene da Nigrizia, da Volontari per lo Sviluppo e da altre riviste di settore, molto tempo prima che Invisible Children lanciasse la sua campagna in grande stile. Come commentano gli ugandesi l’uscita di Kony2012? Con quattro parole:  “Too much, too late”.