dontyna

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Chi sono.

Aiuto le storie a incontrare le persone

Sono giornalista e data humanizer: ti racconto i dati per farli diventare più… umani.

Mi piace l’idea che leggere e capire i dati sia alla portata di tutti e di tutte, anche per chi non ci lavora. Per questo ho fondato il Data Book Club, un gruppo di lettura per commentare libri sui dati e la tecnologia, ma con un approccio femminista intersezionale. Se vuoi unirti (siamo più di 200!) leggi qui.

Ho una rubrica sul quotidiano La Stampa, Data Storie, e collaboro con L’Essenziale e Uppa magazine. Nel 2021 ho pubblicato per Quinto Quarto Edizioni il mio primo libro, “Ti Spiego il Dato” e nel novembre 2022 è uscito “Dentro l’algoritmo” per effequ.

Per 3 anni ho diretto e cofondato la Dataninja School, la prima piattaforma di formazione online in Italia per chi vuole imparare a comunicare meglio con i dati, mentre oggi sono docente di Data Visualization all’università IULM e di data journalism al Master di Giornalismo di Torino. Insieme ad Alice Avallone tengo un corso di Data Humanism alla Scuola Holden.

Perché credo che sia importante comunicare meglio con i dati?

La soluzione ai problemi del mondo è nascosta in pdf che nessuno leggerà mai


Ci sono centinaia di report là fuori, pieni di dati interessanti, prodotti da altrettante qualificate organizzazioni e aziende, che raccontano come funziona il nostro mondo e cosa potremmo fare per migliorare le nostre condizioni di vita, in molti settori. Ma difficilmente arrivano al grande pubblico. Me ne sono accorta lavorando nella comunicazione della cooperazione internazionale e come giornalista.

Quando dico che “lavoro per portare le storie alle persone” intendo proprio questo.

Come sono arrivata ai dati?

Sono laureata in Relazioni internazionali e tutela dei diritti umani perché uscita dal liceo avevo voglia di esplorare il mondo e raccontarlo, imparando a conoscerlo meglio con i miei studi. Sono stata fortunata: dopo la laurea ho cominciato a lavorare per un mensile che si chiamava Volontari per lo Sviluppo e che mi ha dato modo di scrivere di luoghi e di esperienze che mi hanno fatto crescere anche dal punto di vista professionale.

Per un anno, nel 2012, ho studiato come le organizzazioni non governative usano i social media per comunicare e ne è uscito fuori un ebook con indicazioni molto pratiche che sono valide ancora oggi, dopo sei anni. Il motivo è che l’assunto di base su come stare online si basa sulla capacità di comprendere il contesto e i tuoi interlocutori, a prescindere dagli strumenti a disposizione.

Da Volontari per lo Sviluppo è nata l’esperienza di ONG 2.0, un progetto di scuola di formazione sulle nuove tecnologie dedicato al mondo non profit, a cui ho lavorato dalla sua fondazione fino a quando non mi sono trasferita a Roma nel 2014, per entrare nella redazione di Internazionale. Nel mio percorso da giornalista ho collaborato anche con Vita Non Profit, Wired, Il Sole 24 Ore.

E poi, per 3 anni sono stata consulente di Change.org e Produzioni dal Basso dove mi sono specializzata in campagne di attivismo digitale e crowdfunding.

Data lover since 2014

Scrivevo di open data per la cooperazione già quando lavoravo per Ong 2.0. Nel 2014 ho partecipato al progetto di formazione sui dati del quotidiano La Stampa e la mia squadra Viz & Chips ha vinto la challenge finale con un progetto dedicato ai Mondiali di Calcio (la World Data Cup, si vede ancora qui). Poi abbiamo anche vinto il contest Istat per usare i dati del censimento Industria e Servizi 2011.

Ho scritto di dati e cooperazione per Vita non profit tra il 2015 e il 2016.

Ho organizzato il primo hackathon per la cooperazione internazionale all’Internet Festival di Pisa nel 2015.

Data Content Creator

Oltre alla mia rubrica su La Stampa, mi trovi spesso su Instagram dove #tispiegoildato dall’attualità ai concetti di base, convinta che tutti possano diventare literate ma soprattutto appassionati di dati per capire meglio l’attualità e il mondo che ci circonda. Ogni mercoledì esce la mia newsletter Ti Spiego il Dato, dove parlo di tecnologia, dati e algoritmi da un punto di vista personale e intersezionale.

Data Feminism

Mi definisco una femminista dei dati perché questo approccio ci aiuta a esaminare in modo critico i dati e la tecnologia. Si basa sul femminismo intersezionale, quindi guarda all’intera società e a come funzionano potere e privilegio. Si chiede: chi ha il potere e il privilegio di muovere le cose? Come possiamo dimostrare con i dati che ci sono ingiustizie e iniquità che andrebbero corrette? Queste ingiustizie colpiscono una parte della popolazione in base al sesso, al genere, alle condizioni economiche o fisiche, alla provenienza geografica… Il femminismo dei dati non va a influire su una sola categoria di persone, ma le ritiene tutte interconnesse. Dunque se si migliora qualcosa, ad esempio il divario di genere, è l’intera società a migliorare sia dal punto di vista economico che da quello della salute collettiva. Il data feminism invita a prendere in considerazione i limiti dei dati per verificare che in ogni fase di costruzione di un progetto basato sui dati questi vengano risolti o almeno esaminati. Se vuoi saperne di più ne ho parlato in un’intervista su Vanity Fair e nel mio TED Talk a Cuneo.


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