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In Africa la rete è libera. E attira investimenti. Altro che #Sopa.

Secondo il Freedom of the Net 2011, l’Africa è un continente libero. Nel rapporto, che misura il livello della libertà di espressione su internet in 37 paesi del mondo e il tentativo dei governi di reprimerla, l’Africa è, inaspettatamente, un luogo dove la rete consente ai cittadini libertà di opinione e di informazione. E attira investimenti stranieri.

Il rapporto della Freedom House ha preso in considerazione:

– gli ostacoli che impediscono l’accesso a internet, comprese le barriere infrastrutturali ed economiche, il constrollo dei servizi di internet providers e l’indipendenza delle agenzie di regolamentazione di internet

– i limiti al contenuto, compresi sistemmi di filtri e blocco di siti, la censura, la diversità dei news media e l’uso delle ICT per la mobilitazione civile

– la violazione dei diritti degli utenti, compresa la sorveglianza, la violazione della privacy, l’arresto e l’incarcerazione

Kenya, Nigeria, Rwanda, Egitto, Zimbawe, Etiopia, Tunisia e Sudafrica, questi i paesi inclusi nell’indice, dove è stata osservata una domanda crescente da parte dei cittadini per l’uso dei nuovi media.

Non è incluso nel rapporto il Senegal, dove negli ultimi mesi che hanno preceduto le elezioni presidenziali, previste per il 26 febbraio, i cittadini si sono mobilitati con diverse iniziative di “occupazione” della rete, come dimostrano i siti #Sunu2012 e #Kebetu, per monitorare la campagna elettorale e fornire notizie di prima mano dalle strade di Dakar durante le manifestazioni contro il presidente uscente Wade.

Secondo Africa Review, questa “libertà” potrebbe voler dimostrare l’inabilità dei governi nel controllare le nuove tecnologie, come nel caso dello Zimbawe, oppure una volontà precisa di proteggere la libertà di espressione online, come in Sudafrica, lo stato più “libero” del continente.

Anche il governo del Kenya merita una segnalazione per la lungimiranza con cui ha lanciato la prima iniziativa di open government del continente. Le ICT attirano non solo l’attenzione delle ong che elaborare progetti, ma anche di investimenti stranieri, come dimostra questo reportage pubblicato su Internazionale  sull’apertura di una sede a Nairobi emittente cinese Cctv:

[…] il Kenya offre ai nuovi arrivati libertà a loro sconosciute, come l’accesso a internet senza filtri. “Qui le connessioni sono molto più rapide che da noi”, osserva stupito un giornalista cinese.

Chi si occupa dell’agenda digitale italiana, per favore, assuma un consulente kenyota. E, per una volta, in tema di sviluppo, finalmente saremo costretti ad ascoltare gli africani.

Per VpS su questo tema ho scritto:

Uno studio rivela “come twitta l’Africa”