Ma allora ci vai in maternità? È la domanda che mi sento ripetere più spesso in queste settimane, mano a mano che si avvicina la data “di scadenza” e io continuo a prendere appuntamenti con clienti, preparare corsi online, scrivere post. La risposta secca è sì, ci vado. In questi mesi però mi sono interrogata su quale fosse il modo più giusto per farlo, per me come libera professionista, come socia di una srl e come persona che ama il suo lavoro, ma che vuole comunque prendersi il tempo di capire cosa vuol dire essere mamma e, come mi ripetono tutti, godersi i primi mesi “che poi non tornano più”.

Il fatto è che nessuna fase della vita torna più e il modo in cui uno se la gode dipende da come reagisce agli eventi e vuole ricordare di averli vissuti.

Non credo ci sia LA soluzione ideale, così come credo di essere molto fortunata ad aver potuto decidere in autonomia di lavorare fino a oggi, da casa, tenendo conto di ritmi decisamente più rallentati causa pancione e caldo.

In questa mia ricerca del perfetto equilibrio vita-lavoro ho quindi fatto quello che faccio sempre quando conosco benissimo la risposta ai miei dubbi, ma non voglio assumermi la responsabilità di decidere senza prima aver raccolto dati e informazioni da usare come “alibi” nel momento in cui potrei sentirmi in colpa per la scelta compiuta: ho chiesto ad altre professioniste freelance come avessero affrontato il periodo di maternità. C’è chi mi ha confessato di aver continuato a scrivere email ai clienti durante il travaglio, chi si era imposta un periodo di pausa vero, ma a un certo punto non ha resistito e ha capito che per vivere serena avrebbe dovuto dedicare del tempo non solo a suo figlio ma anche a un progetto importante a cui aveva lavorato fino a quel momento. C’è chi mi ha raccomandato di non fare nulla, non aprire le email, non rispondere al telefono e dedicarmi esclusivamente al bambino per sei mesi. Chi è tornata a lavorare part-time a una settimana dal parto. Chi rifarebbe tutto uguale e chi giustamente mi ha detto “ogni figlio è diverso”, quindi quello che andava bene per la gestione del primogenito potrebbe non andare bene per il secondo.

È stato un viaggio interessante tra i vari modi di essere madre e libera professionista e ringrazio tantissimo chi ha avuto la pazienza di raccontarmi come è andata. Tra loro, Roberta Zantedeschi, di cui mi interessava l’opinione anche in quanto recruiter, ed Enrica Crivello, che ne ha parlato anche in un video e in un podcast con Audra Bertolone. Mi è stato utile anche ascoltare lo speech di Myriam Sabolla al freelance camp sul suo esperimento di “periodo sabbatico” dal lavoro, perché nel momento in cui ho dovuto decidere di lasciare alcune collaborazioni che prevedevano un impegno costante fino alla fine dell’anno, superare la sindrome da FOMO ha richiesto un grande sforzo di accettazione e respiri profondi.

Quindi, ecco cosa ho deciso di fare nel prossimo autunno.

Non prendere nuovi clienti fino a gennaio. Per alcuni ho già fatto dei preventivi in questi mesi e spero che si trasformino in progetti concreti dal 2019. Ho concluso le consulenze avviate quest’anno, con le ultime fatture inviate nel mese di luglio, ma in realtà ho due impegni già fissati a fine ottobre che ho deciso di mantenere. Uno è il corso online di Social Media Strategist per la scuola di ONG 2.0: sono quattro webinar in diretta, dalle 18 alle 20, dal 22 ottobre al 12 novembre. Ho già impostato le lezioni e ne approfitto per dirti che se ti vuoi iscrivere, puoi farlo con uno sconto del 10% usando questo link. Poi ho due formazioni in presenza, a fine ottobre e a dicembre, con un cliente per cui ho già lavorato a maggio: è a Torino, approfitterò dei nonni per un servizio di baby sitting “in aula”. Ah, ovviamente il 10 ottobre sono al Freelancecamp di Roma, ho già saltato gli appuntamenti di Marina Romea e Lecce e stavolta gli speech me li guardo dal vivo, in platea con il pupo (con le #freelancezie che mi daranno una mano).

Per Dataninja sarò presente part-time, da ottobre. Perché sta per partire un progetto che ho seguito fin dall’inizio e isolarmi tra pannolini e biberon mi manda più in ansia che aver deciso di continuare a dedicarci del tempo. Ho già impostato buona parte del lavoro a luglio e posso gestirlo a distanza, è un progetto per costruire qualcosa di “nostro” e non ho interlocutori esterni a cui rendere conto in orari di ufficio tradizionali. I miei soci mi perdoneranno se alle email risponderò alle 4 di mattina e alle riunioni in presenza porterò anche il mini-ninja nella fascia.

Il blog resta in pausa. Avrei voluto programmare una serie di contenuti freddi fino a novembre, ma la mia mania di controllo è più forte dell’ossessione da calendario editoriale pieno. I social restano attivi, soprattutto Instagram, così come il canale Telegram.

Non rispondo alle email per tre mesi. Metto l’out of office dal 4 agosto al 20 novembre, che non è un periodo lunghissimo, ma è abbastanza per sentirmi tranquilla sul fatto che i potenziali nuovi clienti abbiano una data in cui sanno di poter contare su una risposta per parlare di progetti futuri.

Ricordarmi di essere flessibile. I piani sono fatti per essere cambiati, se non corrispondono alle esigenze che emergono nel momento in cui si devono mettere in pratica. Se io o il piccolo avremo bisogno di più energie, più riposo o più tempo per conoscerci, ce lo prenderemo tutto.

Seguire corsi online. Ascoltare podcast. Drogarmi di tutorial nerd su YouTube. Poi magari sarà impossibile, avrò solo voglia di serie tv trash su Netflix, ma sognare non costa nulla, no?

Ci rivediamo dopo l’autunno!