[Questo post è stato pubblicato originariamente su RiccioCapriccio per la rubrica Shoot the runner]

Sono le 7:45 di un martedì mattina e mi chiedo come sia possibile che solo un’ora fa io stessi dormendo beata sotto le coperte. Ora invece vado avanti e indietro per una corsia di venticinque metri piena d’acqua e cloro. Solo un anno fa mi sembrava inimmaginabile, nonché contrario alla convenzione dei diritti umani di Ginevra, poter fare attività fisica prima di mezzogiorno. Invece eccomi qui, nel cuore della notte, per citare zia Mame, a sgambettare su e giù in stile libero sperando di coprire almeno una distanza di 1500 metri in 50 minuti senza svenire davanti all’ottantatrenne che condivide con me la corsia. Sei autonoma sui 2 km?, mi ha chiesto il coach prima di darmi la tabella di allenamento. “Cosa vuol dire?”, ho pensato, anzi, forse gliel’ho anche detto. Prima di avere un allenatore non avevo mai misurato la distanza percorsa in piscina: venti vasche mi sembravano già abbastanza per concedermi una melanzana alla parmigiana serale. Devo dire la verità: il mio sport non è il nuoto, è la corsa, ma sono momentaneamente in pausa per un infortunio e, per il bene mio e di chi mi circonda, ho dovuto cercare un’attività sostitutiva per evitare crisi isteriche da astinenza di endorfine.

Tutto lo sport è quella cosa che ti riempie la vita di prime volte: “Toh, chi l’avrebbe mai detto!”, è una frase che ripeto spesso da quando ho cominciato a correre, tre anni fa. Settembre 2013, era appena arrivato Spotify su mobile in Italia e le temperature esterne permettevano di uscire senza sentire troppo freddo per rientrare subito o troppo caldo per svenire per strada. La prima volta che ho corso 38 minuti di seguito ho incrociato mia madre per strada e sono andata a dirglielo. Poi ho cominciato a guardare a quanti chilometri corrispondessero quei minuti di fatica ininterrotta. E la prima volta che ho corso per 8 chilometri ho baciato l’asfalto. Giuro. Era successo dopo tre mesi, dicembre, tre mesi di uscite e miglioramenti. E di “toh guarda, non muoio se non mi fermo quando ho il fiatone”.

La prima volta che raggiungi dei traguardi nuovi con lo sport ti senti una semidivinità: otto vasche senza fermarmi! Quattro chilometri senza rallentare! Tre plank da un minuto senza perdere l’uso delle braccia! E torni a casa con quello sguardo stralunato e pazzo che solo gli attori di serie tv Dexter e How to get away with murder saprebbero interpretare. Gli altri – i senzasport – ti guardano come un marziano o qualcuno da cui stare molto molto lontano. Tu continui a provarci e tornare a casa felice, con tutte le tue prime volte.