Ademaininshallah.

In Senegal ci si saluta così. Tre parole masticate insieme e sputate in aria come fossero una. A domani, inshallah. Non c’è un domani se Dio non vuole, i due concetti non sono separabili. E, in ogni caso, il domani è un dono, e non è affatto scontato.

Sabato notte mentre volavo sull’Africa per venire a Dakar ho perso un amico. Davide.
Quando ho ricevuto la notizia dentro di me è esplosa una bomba che sta condizionando tutto il mio viaggio, il mio lavoro.

Domani ci saranno i funerali e io sarò a quattromila km di distanza.  Ma Davide era un grande fan di tutti i miei progetti.  E visto che ora mi trovo qui, Davide non c’è più e io non posso farci niente per quanto sia doloroso scrivere e accettare questo fatto, ogni foto e ogni appunto dei #Dakardays è per lui.

Non so cosa ne pensiate del vivere il lutto ai tempi di internet. Io credo che ogni messaggio e foto di Davide pubblicati sulle bacheche dei miei amici in questi giorni siano un tentativo di collegare i mondi della vita e della morte, per lasciare un segno e partecipare con affetto alla sofferenza dei suoi cari.

Un’amica su Facebook ha condiviso questo pensiero e, dalla prospettiva senegalese di una vita che va avanti Inshallah, sono d’accordo con lei:

Credo che uno dei danni maggiori che la società Occidentale abbia causato all’uomo moderno sia stato quello di fargli credere di essere immortale. E invece dovremmo ricordarci di vivere una condizione di precarietà, non per abbatterci, MA per godere ogni istante delle persone che amiamo. Alla fine rimane tutto l’amore che abbiamo saputo dare, tutta la felicità che abbiamo diffuso tra le persone. La morte ci insegna questo, che la vita è preziosa, e tutti i momenti vanno valorizzati e vissuti a pieno.

Aggiornamento: Un anno.

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