dontyna

fb.  in.  ln.  tw.  rss.

Mini bilancio del primo giorno all’#IJF12:

 

-partiti poco mattinieri ma molto intenzionati ad evitare il traffico del 25 aprile, eravamo convinti di arrivare per l’incontro delle 16 ma l’abbiamo perso;  allora abbiam puntato quello delle 16:30 ma eravamo ancora molto distanti da Perugia; ci sarebbe piaciuto tantissimo il panel sui GiornalAttivisti delle ore 17 ma a quell’ora abbiamo registrato il nostro check-in all’ostello Spagnoli (38 minuti a piedi dal centro, secondo Google Maps). Non siamo molto bravi con la pianificazione dei tempi.

– siamo dunque entrati in ritardo a “Donne e Media” ma l’abbiamo seguito bene, e io e Sere ci siamo anche in po’ depresse

A questo ritmo le donne non raggiungeranno la parità neanche tra 500 anni

ci ha rassicurato il trailer di un documentario sulla rappresentazione delle donne nei media negli Stati Uniti.

– di più ampio respiro l’incontro con un vero premio Pulitzer. Anzi una Pulitzer: Isabel Wilkerson, 15 anni di ricerche sull’immigrazione americana degli anni 1915-1970, intervistata da Concita De Gregorio (sala piena!), che le ha subito chiesto: “come si fa a scrivere un Pulitzer?”

Si raccontano storie di persone ordinarie in contesti straordinari

Ha risposto Isabel. “Ci ho messo 8 mesi per trovare le persone giuste, ci deve essere compatibilità tra il giornalista e i testimoni, con cui si deve trascorrere molto tempo. I miei tre personaggi hanno raggiunto il nord degli Stati Uniti in 3 periodi di tempo diversi seguendo traiettorie differenti. La Storia è importante nella narrazione complessiva, ma il lettore si identifica meglio con le storie individuali”.

 

Sembra facile no?

 

– ore 21 teatro Pavone: il dibattito su film Diaz e Acab, con i registi, registra il tutto esaurito. Ci consoliamo con un gelato di Grom e al ritorno ripassiamo davanti al Teatro. Il cono bacio-pistacchio-con-panna ci ha portato fortuna. Alle 22 entriamo in sala, appena in tempo per sentir Daniele Vicari dire che “quei poliziotti alla Diaz siamo noi, perché noi siamo lo Stato italiano, a cui tutti noi abbiamo delegato la gestione della violenza”.

 

Ecco.